“Dipinto 1946” di Francis Bacon: “la pittura come una lotta misteriosa con il caso”

Nel corso della sua tormentata vita Francis Bacon rimase per sempre fedele a un principio fondamentale secondo il quale:

“la vera pittura è una lotta continua e misteriosa con il caso”.

Come un vero e proprio giocatore d’azzardo che si affida al rischio, l’artista inglese durante le sue creazioni affidava il suo talento alla pura arbitrarietà del caso. La pittura veniva, così, a configurarsi come qualcosa di misterioso, in grado di subire cambiamenti radicali e improvvisi. Nessun compromesso, solo libera associazione inconscia di idee e sensazioni. Dall’altro lato, però, il suo essere fortemente autocritico lo conduceva a distruggere molte sue opere non ritenute perfette.

Un dissidio estetico che lo condurrà a realizzare l’opera della quale parleremo in questo articolo: “Dipinto 1946”.

“Dipinto 1946”: la prima opera “completa” di Francis Bacon nata dal caso

Francis Bacon amava dipingere su tele di grandi dimensioni con colori delicati e tenui e ricercava con ossessione la perfezione attraverso il caso. Nel 1946 realizzò una delle opere migliori della sua carriera, la prima che considerasse davvero “completa”. Stiamo parlando del celebre “Dipinto 1946”.

In “Artisti a Londra” (Einaudi) Martin Gayford racconta che quando Lucian Freud andò a trovarlo nello studio di Cromwell Place descrisse il dipinto come:

“quello meraviglioso con un ombrello”. (p.33)

Realizzare quest’opera fu per Bacon una sorta di incidente, una deviazione d’intento del tutto casuale avvenuta mentre stava lavorando con figure completamente differenti (per l’esattezza uno scimpanzé e un rapace).

Ma siamo sicuri che le cose andarono davvero così?

In fondo all’interno di questo dipinto ritroviamo molti elementi che ossessionarono il pittore britannico per tutta la sua vita: un uomo con completo scuro (probabilmente un despota totalitarista) con la bocca spalancata privo della parte superiore della testa, un ombrello aperto, l’immancabile gabbia e la presenza della carne cruda. Nella parte inferiore del quadro troviamo un tappeto turco intriso di vernice, come quello del suo studio di Cromwell Place.

Il significato della carne per Bacon

Per Bacon la carne cruda rappresentava un vero e proprio spettacolo da ammirare. Di frequente si recava, infatti, nella food hall di Harrods per poterla studiare.

La carne cruda svolse un ruolo centrale nelle sue opere. I riferimenti artistici nel Dipinto 1946 sono piuttosto evidenti: Bacon si rifà alla tradizione della natura morta del XVI secolo e alle opere di Francesco Goya (“Il tacchino morto” del 1808-12) e Rembrandt (“Il Bue macellato” del 1655) che alludevano al profondo legame tra gli animali macellati e la morte umana (o quella dei martiri). In questo caso, però, la personale crocifissione di Bacon, raffigurata dalla carcassa di un’intera mucca con le zampe divaricate, non conduce alla resurrezione. Al contrario, il suo messaggio è quello di svelare in modo radicale l’insensatezza della condizione umana.

Senza filtri e illusioni: che cosa significa davvero “esistere” per l’uomo?

Ho sempre ammirato Bacon per essere stato in grado offrire risposte sincere e dirette ai sentimenti più profondi dell’essere umano attraverso la pittura.

Sentire la sua arte equivale ad accogliere la sua eterna lotta con il caso. “Dipinto 1946” ci aiuta a capire senza filtri e illusioni che cosa significa davvero “esistere” per l’uomo. E questo vale anche per altre sue opere, come “Tre studi per figure ai piedi di una Crocifissione” e “Studio dal ritratto di papa Innocenzo X di Velázquez”. Ciò che conta per davvero è la rappresentazione stessa, quello che accade qui e ora mentre mi trovo davanti al “Dipinto 1946”. È un po’ come quando succede qualcosa mentre stai dipingendo.

Al vero spettatore di Bacon non interessa sapere perché una determinata opera riesca a colpire direttamente lo stato d’animo dello spettatore. Non è interessato alla spiegazione razionale di un fenomeno estetico così forte. Bacon vuole solo che i suoi quadri riportino ai nervi dello spettatore la sensazione di aver visto qualcosa “intensamente”.

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