Sulla bellezza “condivisa”. Il mio ricordo di Ivan Fassio

Nel corso della sua vita Ivan Fassio è stato uno scrittore, un poeta, un curatore, un performer e un insegnante. La sua scomparsa lascia un segno profondissimo nel mondo dell’arte e della poesia. Quest’intervista risale a due anni fa e rappresenta il mio ricordo di Ivan, un momento di confronto sulla bellezza e un insieme di riflessioni sull’importanza della condivisione delle diverse forme, stili e linguaggi dell’arte.

Intervista cura di Luca Greco

Ivan, come nasce il tuo amore per la poesia?

“Io ho iniziato 10 anni fa a occuparmi di pittura e successivamente di arti visive, in generale, dopo una piccola carriera indipendente come poeta performativo che parte dalla condivisione tramite tutti i mezzi visivi, sonori e vocali. Dalle semplici fotocopie fino all’editoria dell’arte di cui poi mi sono occupato parecchio. L’attività di curatore si è spostata su tre linee parallele: da un lato l’editoria d’arte con la curatela anche di cataloghi e di opere di libri d’arte; poi la poesia e la letteratura e infine l’allestimento che fa dialogare le varie forme d’arte”.

Che cosa significa per te scrivere?

“Scrivere ha sicuramente una marcata caratteristica nei confronti dell’altro da sé, del pubblico, del fruitore della letteratura, dell’arte. L’altro da sé rappresenta un limite, un confine, talvolta, valicabile con gli strumenti di sinestesia e di multidisciplinarietà. L’altro è un viaggio, un’esplorazione e conoscenza. Nella scrittura c’è sempre qualcuno che riceve il messaggio. All’interno di questo rapporto la dedica ha un valore grandissimo, anche quando non è specificata. Molto spesso tanti miei testi sono nati dopo una serie di colloqui (o soliloqui) con personaggi reali o immaginari…

A livello personale, penso che scrivere rappresenti una sfida per mettersi alla prova e andare a verificare quanto la letteratura abbia un peso sulla vita degli altri. Non è sempre così semplice comprendere le ragioni della lettura. Io scelgo quello che leggo. Le parole dell’autore sono poi strettamente legate a quello che poi scelgo nella vita e nel lavoro artistico. Io scrivo affinché questo sia lo stesso per gli altri”.

Come è possibile far dialogare stili e linguaggi artistici diversi tra di loro per un curatore?

“Il linguaggio è diverso necessariamente. Ci si muove non tanto sulle vicinanze, sulle casualità e parallelismi di tipo tecnico e formale, ma sul concetto e sul contenuto. Anche una mostra di pittura, se pensata e disegnata attraverso quelli che sono i concetti e le vere finalità dell’artista, allora può diventare un dialogo tra sordi che il curatore deve mettere insieme. Certo, il bello di sperimentare linguaggi che a prima vista sembrerebbero impraticabili nel dialogo è molto più interessante. Anche internamente un autore, uno scrittore sente di avere dei contrasti, degli slanci distinti. Allo stesso modo la sinestesia che uno pratica nei propri scritti come nei propri quadri o nelle proprie sperimentazioni è quello che accade quando si mettono insieme diverse personalità che possono diventare in modo estremamente affascinante un unico corpus. Se li si riesce a girare (per usare un linguaggio registico) o a concertare con cura e con attenzione questo può diventare il passaggio più bello e più vicino alla missione del curatore. La scelta alla fine è volontà. Mi ricordo che sei anni fa stavo lavorando con un artista che nella pittura proponeva lo stesso sguardo di un fotografo che avevo conosciuto tempo prima. É stato quello il momento in cui ho pensato che potevo accostarli, richiamarli e coinvolgerli…”.

Come definisci il sistema dell’arte oggi?

“Penso che il sistema dell’arte visto senza false lenti sia un grande bacino dove si incrociano dei destini personali, vocazioni sbagliate e premonizioni. L’opera d’arte è sempre un residuo. É qualcosa che un uomo, una personalità lascia agli altri nella sua esistenza. Per quanto riguarda il ruolo del curatore, al di là delle facili definizioni contemporane ha il ruolo di catalizzatore di energie per rilasciare poi dei frutti, delle restituzioni agli altri che possono essere fruite dalle persone”.

Che cos’è per te la bellezza?

“La bellezza è un’azione che ci spinge a cambiare la via che stiamo percorrendo. É tutto quello che ci costringe, talvolta, anche contro la nostra volontà a divagare. É ciò che ci fa intraprendere e percorrere strade, talvolta, impervie e talvolta casualmente affascinanti, tremende e misteriose. É quello che ci costringe a prendere per mano gli altri”.

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