Fino al 5 marzo 2017 sarà in esposizione presso il Palazzo Chiablese di Torino una grande retrospettiva dedicata a Toulouse-Lautrec, il più grande creatore di manifesti e stampe tra il XIX e XX secolo. Le opere in mostra sono circa 170, tutte provenienti dalla collezione dell’Herakleidon Museum di Atene. L’esposizione (a cura di Stefano Zuffi) è stata organizzata dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dai Musei Reali di Torino e da Arthemisia Group.
Luca Greco
Abbandonato l’ambiente aristocratico cui era destinato per nascita, il 17enne Henri de Toulouse-Lautrec si trasferisce a Parigi, precisamente nello spazioso studio all’ultimo piano della casa di rue Caulaincourt, per diventare pittore. Qui decide di appartenere alla parte più povera di Montmartre e di immergersi nella vivace atmosfera dei locali notturni.
«Gli spiriti inquieti degli artisti animavano le notti della collina che si adeguò volentieri a quell’eterna aria di festa popolare, improvvisando rustiche sale da ballo e caffè-concerto. […] La gente ballava e si divertiva con una semplicità che era destinata a corrompersi. Nessuno, tra le sartine, i soldati, le lavandaie, le prostitute, gli operai che vi accorrevano, poteva rendersi conto che il cuore dell’arte ricominciava a battere lì intorno, in quelle poche miglia di vecchio spazio rimesso a nuovo» (Piera Callegari, La vita e l’arte di Toulouse-Lautrec p. 43).
Un’arte anticonformista?
L’essenza dell’opera d’arte è definita dal suo modo di darsi nell’epoca in cui viene realizzata, cioè dall’insieme di quelle condizioni proprie della produzione e della fruizione artistica che vengono a determinarsi all’interno della società. L’arte nell’epoca della società industrializzata (quella prodotta in serie, quella dei poster pubblicitari, quella su commissione) tende, per certi aspetti, a coprire i paradossi sociali per ragioni legate a «esigenze di mercato».
Toulouse-Lautrec, invece, decide di dipingere la realtà della gente comune, con tutte le sue contraddizioni e le sue conflittualità. La «sua Montmartre» è completamente priva di abbellimenti e nelle sue opere il riferimento al reale si fa valere con decisione. Con queste parole Jean Pascal commenta i suoi lavori: «sono caricature terribilmente veritiere e sconcertanti. Si resta personalmente impressionati dallo spettacolo di tanta bruttezza magnificata nelle sue tele che raffigurano tipi presi per lo più dalle balere e dalle bettole di periferia» (J. Pascal, Le Salon d’automne, 1904). Toulouse-Lautrec osserva con partecipazione tutto ciò che accade tra i salotti dei bordelli o tra i tavolini dei cabaret e dei caffè-concerto per metterlo su tela: entro le libere inquadrature dal taglio fotografico o cinematografico dei suoi quadri o dei suoi famosi affiche si svolge quella vita frivola e peccaminosa che tanto lo affascina. Prostitute, ballerine, entreneuse, cantanti e maîtresse diventano, così, i soggetti principali delle sue rappresentazioni che raccontano, attraverso un linguaggio essenziale e anticonformista (senza giudizio morale), i vizi della Belle Époque e i contenuti della “sua Parigi”.
La mostra
Oggi, quei luoghi e quei personaggi riprendono vita a Torino (presso il Palazzo Chiablese) grazie a una delle più importanti mostre dedicate al precursore della moderna grafica «Toulouse-Lautrec. La Belle Époque». L’itinerario artistico, attraverso l’accurata selezione operata da Stefano Zuffi, espone ben 170 opere, tutte provenienti dalla collezione dell’Herakleidon Museum di Atene. Al fine di ricostruire quella magica atmosfera che accompagnava gli spettacoli dell’epoca, all’interno del percorso espositivo troviamo anche uno spazio interattivo, dove chiunque può sedersi ai tavoli di un caffè-concerto e assistere allo spettacolo del can-can (di fine Ottocento) proiettato su uno schermo.
La litografia
Toulouse-Lautrec è un grande litografo. Tra il 1891 e il 1901 l’artista francese realizza ben 351 litografie e in poco tempo diventa uno degli illustratori e dei disegnatori più richiesti di Parigi. Attraverso la litografia il suo stile diventa più audace: tale tecnica gli consente, infatti, di semplificare le forme attraverso una linea rapida e incisiva e di stendere il colore in modo molto più uniforme senza modulazioni di chiaroscuro. Tra le litografie presenti alla mostra spiccano: «Ambassadeurs: Aristide Bruant» (1892), ritraente il cabarettista dell’Ambassadeurs, avvolto nella sua vistosa sciarpa rossa e «Divan Japonais» realizzato nel 1893 per un famoso locale ispirato all’Estremo Oriente. Al suo interno possiamo riconoscere in alto a sinistra, per i caratteristici guanti neri, la cantante Yvette Guilbert. Al centro della scena troviamo, invece, la bella e seducente Jane Avril dai seducenti capelli color carota, accompagnata dal critico musicale Dujardin.

Schizzi, bozzetti, poster pubblicitari e grafiche editoriali
Per afferrare l’apparizione spontanea di un atteggiamento o di un movimento Toulouse-Lautrec si affida alla rapidità dello schizzo e dei bozzetti. È proprio all’interno di questi lavori istantanei che la dinamicità di ogni singolo dettaglio della realtà lautrechiana – piccoli gesti, sguardi fugaci, il sorriso di una stella del cabaret, il volteggiare di una danzatrice – trova la sua maggiore espressione.
Ad arricchire l’interessante sezione che la mostra dedica ai bozzetti troviamo la «Passeggera della cabina 54» (1895), ritraente una donna anonima sdraiata su una chaise-longue posta sul ponte di una nave da crociera. Nell’estate del 1895, con l’amico Gulbert, Lautrec decide di imbarcarsi sul «Chili» per andare da Le Havre a Bordeaux. Durante il viaggio si innamora di una passeggera diretta fino a Dakar dal marito. Nella speranza di fare amicizia con lei, il pittore decide di prolungare il suo tragitto fino a Lisbona. Di questo viaggio resteranno solamente il ricordo di un desiderio d’amore mai appagato e una fotografia della passeggera, che servirà successivamente all’artista per la realizzazione della sua litografia.
Oltre ai bozzetti, in mostra sono presenti anche incisioni e lavori per riviste che testimoniano la sua costante ricerca di soluzioni grafiche e creative sempre nuove. Tra i poster pubblicitari, invece, degna di nota è la presenza della «Revue Blanche» (1897), la copertina che ritrae Misia Natanson, moglie dell’editore, mentre pattina sul ghiaccio avvolta in manicotti di pelliccia la cui morbidezza viene resa tramite l’innovativa soluzione di stampa «a spruzzo».
La mostra si chiude, infine, con un po’ di romanticismo; in particolare, con una rappresentazione di Toulouse-Lautrec (quasi un autoritratto) mentre guarda il cielo e sogna un amore tormentato. Si tratta del frontespizio realizzato nel 1893 per la canzone «La Nuit Blanche», il quarto brano della raccolta «Les vieilles histoires».
Nato tra quei vicoletti in salita, dove l’allegria si mescolava alla miseria, il sogno lautrechiano di bellezza libera e anticonformista, si spegne il 9 settembre del 1901, alle soglie del XX secolo. Senza quel sogno probabilmente non sarebbe stato possibile capire fino in fondo la commedia umana della belle époque con le sue scene, i suoi protagonisti, le sue comparse e le sue eroine della gran ballata fin de siècle.
Toulouse-Lautrec «Visse come volle, compatibilmente alla sua disgrazia fisica che lo afflisse dall’adolescenza alla morte, e in un certo senso morì come aveva predisposto, insistendo a consumare in fretta una vita per la quale la sorte lo aveva dotato di mezzi notevoli di intelligenza, vigore, sensibilità e ricchezza, insieme a una validissima ragione per fargliela odiare. Lavorò come gli pareva giusto, cercando la verità dove altri non avrebbero pensato di trovarla, chiusa sotto le pesanti sembianze dell’erotismo e dell’immortalità o negli aspetti futili e artificiosi della gaia Parigi notturna. E più il suo sguardo si posava sulla realtà con estremo disincanto, senza tetraggine né compiacimento, più la sua capacità di scavare nel profondo delle situazioni umane rappresentate acquistava il freddo incanto della qualità che resiste nel tempo e l’accento del vero. Tutti i grandi artisti hanno cercato la verità e ciò che hanno raggiunto nei modi più difformi ha eguale valore perché la verità è tale che a frantumarla in mille frammenti si ricompone intera in ognuno di essi. Lautrec guardò anche quello che agli altri pareva brutto e indecente, quindi indegno di considerazione. Nondimeno, ciò che vide esisteva, perciò era vero. Allora fece una cosa bellissima: gli diede la dimensione umana che si voleva negargli» (Piera Callegari, La vita e l’arte di Toulouse-Lautrec, Prefazione).
La mostra a Palazzo Chiablese sarà aperta fino al 5 marzo 2017, per tutte le informazioni sui biglietti, le visite, gli eventi e le aperture straordinarie: www.mostratoulouselautrec.it