«Giacca sgualcita, cravatta fuori moda, tre accordi sparati al massimo e una teoria infinita di “royal pints” sono la ricetta di base del “Pub Rock”». Parliamo con Slep di un genere completamente sconosciuto dalle nostre parti, ma ricco di storia e cultura popolare tipicamente londinese.
Slep, è un chitarrista, insegnante (Scuola Civica di Torino – CFM, carcere delle «Vallette» di Torino), compositore e produttore. Nel suo stile convergono vari linguaggi musicali quali il blues, il rock, il country e lo swing. I suoi principali tratti distintivi sono il fraseggio blues e l’utilizzo della tecnica della chitarra slide. Ha dato forma ad un nuovo metodo di chitarra bottleneck chiamato “Sliding on Blues” ed è autore della linea editoriale Manuali di Chitarra Moderna. Ha pubblicato tre album come Slep & The Red House (Ricordi-BMG) e collaborato con Francesco De Gregori, Arti e Mestieri, John Martyn, Dr. Feelgood, Jimmie Vaughan e molti altri. Ha scritto colonne sonore cinematografiche (ad es. Black Harvest di Guido Chiesa) e radiofoniche (Stereonotte – Rai). È attualmente attivo con il trio “The BOWINDOWS” (swing-blues) e ha in cantiere una nuova pub-rock-blues band “Slep andthe HotNumbers”.
https://slepfrancosciancalepore.com/
SlepFrancoSciancalepore/Facebook

(Intervista a cura di Luca Greco).
Slep, come possiamo definire la figura dei musicisti pub-rock?
«“A-1 on the jukebox and nowhere on the chart…” (“brano in posizione A-1 sul display del jukebox, ma inesistente nelle classifiche di vendita dei dischi…”) recita un noto refrain dei Rockpile.
I musicisti della scena “Pub Rock” sono i divi-di-quartiere degli incalliti bevitori di birra di Londra ed esibiscono un look caratterizzato da completi sdruciti da malavitosi dell’East End, spesso frutto di furti nei backstage dei concerti a danno di un’altra band, come a me personalmente confessato da Lee Brilleaux (Dr Feelgood), durante un tour di supporto con la mia band (Slep and the Red House)».

Come possiamo quindi inquadrare il “Pub Rock” all’interno del panorama musicale generale?
«Il “Pub Rock” è un fenomeno musicale tipicamente brit, esploso all’inizio degli anni ’70 come alternativa al prog-rock e al glam, con radici nel rock ‘n’roll degli anni ’50, nel rhythm’n’blues e nel garage-beat degli anni ’60.
Personaggi come Gene Vincent, Eddie Cochrane, Chuck Berry, Bo Diddley, Muddy Waters, Freddie King, Otis Rush, Booker T. Jones and the Mg’s, James Brown, i primi Rolling Stones e gli Yardbirds hanno influenzato dapprima band come Johnny Kidd and the Pirates (autori di “Shakin’All Over”, ripresa dagli Who), Bees Make Honey, Count Bishops, Kilburn and the High Roads e poi artisti quali Dr Feelgood, Brinsley Schwarz, Ducks Deluxe, The Inmates, Nine Below Zero, Rockpile, Mickey Jupp, Lew Lewis, Dave Edmunds e Nick Lowe.
Questi ultimi, a loro volta, hanno rappresentato un modello per autori della new wave generation quali Joe Strummer (101ers, Clash) Eddie and the Hot Rods, Elvis Costello (and The Attractions), Graham Parker (and The Rumour), Ian Dury (and The Blockheads).
Tra i miei chitarristi preferiti ricorderei Mick Green, Wilco Johnson, Gypie Mayo, Pete Staines e Billy Bremner.
Molti di questi musicisti trovarono una casa presso la “Stiff Records”, nata grazie ad un prestito di 400 pounds ricevuto da Lee Brilleaux, mitico lead vocals e fondatore dei Feelgoods».

Slep, entriamo più nel dettaglio dei linguaggi musicali che hanno influenzato questo genere.
«Possiamo individuare tracce di blues-rock di matrice nera in “Milk and Alcohol”, unico singolo dei Dr Feelgood ad aver raggiunto una posizione in classifica, linee melodiche pop in “Cruel to Be Kind” di Nick Lowe, strutture soul-beat in “(I thought I heard a) Heartbeat” degli Inmates, r’n’r riff taglienti in “I Hear you Knockin’” di Dave Edmunds».
Dove possiamo vedere questi musicisti all’opera?
«Il pub rocker, pur avendo al suo attivo un grande mestiere, fornito da 200-250 gigs all’anno, vive ai margini dei clamori dello star-system e ha la sua dimora ideale nei piccoli clubs e pubs della “Greater London”, quali “Hope and Anchor”, “Half Moon” o “Dingwalls”».
Mi trovo in giro per le strade di Londra, come facciamo a riconoscerli?
«Giacca sgualcita, cravatta fuori moda, tre accordi sparati al massimo e una teoria infinita di royal pints sono la ricetta di base del “Pub Rock”».
Discografia essenziale

“Down by the Jetty”, “Malpractice”, “Be Seeing You”, “Private Practice” (Dr Feelgood).
“Brinsley Schwarz” (Brinsley Schwarz).
“Ducks Deluxe” (Ducks Deluxe).
“First Offence”, “Shot in the Dark”, “Heatwave in Alaska” (The Inmates).
“Live at the Marquee”, “Don’t Point your Finger” (Nine Below Zero).
“Labour of Lust” (Nick Lowe).
“Tracks on Wax” (Dave Edmunds).
“Save the Wail” (Lew Lewis).
“Juppanese” (Mickey Jupp).
“Ice on the Motorway” (Wilco Johnson).
“Seconds of Pleasure” (Rockpile).
Documentario
“Oil City Confidential”-Julian Temple
Un pensiero su “Pub Rock: “i più famosi tra gli sconosciuti””