É nato prima il suono o l’ascolto? Come nasce un suono? Indaghiamo, con Slep, l’importanza dell’ascolto nella creazione di uno stile musicale.
Slep, è un chitarrista, insegnante (Scuola Civica di Torino – CFM, carcere delle «Vallette» di Torino), compositore e produttore. Nel suo stile convergono vari linguaggi musicali quali il blues, il rock, il country e lo swing. I suoi principali tratti distintivi sono il fraseggio blues e l’utilizzo della tecnica della chitarra slide. Ha dato forma ad un nuovo metodo di chitarra bottleneck chiamato “Sliding on Blues” ed è autore della linea editoriale Manuali di Chitarra Moderna. Ha pubblicato tre album come Slep & The Red House (Ricordi-BMG) e collaborato con Francesco De Gregori, Arti e Mestieri, John Martyn, Dr. Feelgood, Jimmie Vaughan e molti altri. Ha scritto colonne sonore cinematografiche (ad es. Black Harvest di Guido Chiesa) e radiofoniche (Stereonotte – Rai). È attualmente attivo con le band “The BOWINDOWS” (swing-blues) e “SLEP andthe RedHouse” (rock-blues).
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Intervista a cura di Luca Greco.
Slep, parliamo dell’importanza dell’ascolto nella formazione dello stile musicale.
«L’ascolto è fondamentale nella costruzione della personalità e dello stile del musicista. È la linfa vitale che nutre la curiosità iniziale e il conseguente desiderio di ricerca».
Ad esempio, per quanto riguarda la tua personale esperienza di artista, quali sono state le influenze più significative sul tuo modo di suonare?
«Mi rivedo adolescente, come se fosse adesso, a trascorrere giornate intere ad ascoltare e riascoltare i miei vinili preferiti e a tentare di replicare sulla mia acustica economica i fraseggi dei miei eroi della chitarra. (All’epoca, potevo contare soltanto sul mio orecchio e non sulla moderna tecnologia o su istruttori qualificati)».

Durante la tua formazione iniziale c’è stato un momento in cui hai pensato di voler assomigliare a qualcuno? Quanto è stato importante avere un «eroe musicale» a cui far riferimento?
«I modelli sono stati importanti nella prima fase per alimentare la passione e trovare le motivazioni. I primi punti di riferimento sono stati i giganti della chitarra rock, scoperti furtivamente nella discoteca privata del fratello “hippie” di un mio compagno di scuola. Eric Clapton, Peter Green, Mick Taylor, Jimi Hendrix e Jeff Beck sono diventati i miei compagni di viaggio».

Più precisamente, quali sono stati gli album che ti hanno formato?
«La mia “scuola primaria” da apprendista è consistita nell’ascolto e nel continuo studio di album quali “John Mayall and the Blues Breakers w/E. Clapton”, John Mayall “Crusade” con Mick Taylor. John Mayall “Hard Road” con Peter Green, “Truth” e “Beck-Ola” con Jeff Beck, “East-West” dei Butterfield Blues Band, e “Super Session” con Mike Bloomfield, “Allman Brothers Band-Live at the Fillmore Est” con Duane Allman. In seguito, sono arrivato alla scoperta dei pionieri da cui il linguaggio dei miei maestri aveva tratto origine: si trattava infatti di quei musicisti che, ben prima dell’avvento del rock moderno, avevano inventato questo idioma musicale. Iniziò, per me, un lungo viaggio a ritroso alla ricerca delle radici di quel suono che mi aveva affascinato. Ora i miei eroi si chiamavano Robert Johnson, Elmore James, Muddy Waters, T-Bone Walker, Eddy Taylor, Hubert Sumlin, Otis Rush, Freddie King, Albert King, BB King, Buddy Guy, Albert Collins, Bo Diddley, Chuck Berry, Scotty Moore, Cliff Gallup, Paul Burlison, Chet Atkins, James Burton, Les Paul, ecc.».
Slep, è nato prima il suono o l’ascolto? Come nasce un suono?
«L’ambizione di ogni chitarrista è quella di definire un proprio suono (in inglese, tone). Ormai sono certo che si sperimenti durante tutta una vita per cercare di individuare ciò che “non si vuole suonare”, per far emergere la “scultura dal blocco di marmo”. Questo continuo percorso di ricerca dovrebbe portare, prima o poi, ad una sintesi che consolidi il proprio “stile”».
Quale atteggiamento bisogna avere durante l’ascolto? Esiste un atteggiamento disinteressato nei confronti della musica?
«A mio parere esiste un’unica possibilità di ascolto, cioè quella di lasciare cadere tutte le difese o i pregiudizi e farsi investire dalle emozioni provocate dal suono; la musica è essenzialmente uno stato d’animo e soltanto quando rappresenta materia di studio diventa necessariamente un linguaggio razionale.
Ascoltare un “singolo”, anziché un “album”, equivale ad acquistare un solo capitolo di un intero libro; inoltre la “cultura” cannibalizzata e balbettante dei cosiddetti “social network”, unitamente all’utilizzo della musica come semplice “sottofondo”, ha prodotto un’ignoranza diffusa e un approccio del tutto superficiale all’ascolto».

Slep, in conclusione, facciamo un elenco degli album che porteresti con te sulla mitica “isola deserta”.
«Il compito è arduo, ma mi sbilancerò. “Kind of Blue” (Miles Davis), “Pink Moon” (Nick Drake), “Exile on Main St” (Rolling Stones), “The Lady and the Unicorn” (John Renbourn), “Dedicated to You” (Ray Charles), “La Mer” (Claude Debussy), “Hard Again” (Muddy Waters), “Hatfield and the North” (H. and the N.), “Abbey Road” (Beatles), “Live at Vanguard” (Kenny Burrell), “Mr John Barleycorn must die” (Traffic),“Chicken Skin Music” (Ry Cooder)».