La bellezza (pop) secondo D13EGO: una questione di riconoscibilità?

LONDRA – Le opere di D13ego mi ricordano quanto sia ancora vivo l’effetto rivoluzionario che la pop art esercita oggi sul mondo dell’arte: «L’arte contemporanea non è per pochi, ma è fatta per le masse, per tutte quelle persone che vivono la quotidianità. Quello che faccio è più simile ad una canzone pop e non ad una canzone che è diventata iconica negli ultimi 50 anni. Non mi piace il fatto che la gente debba giustificarsi di non essere esperta d’arte. Mi piace, invece, il fatto che la gente capisca subito i miei quadri».

In questa intervista D13ego mi racconta la sua storia, la sua idea di bellezza e le sfide che l’artista contemporaneo è chiamato oggi ad affrontare.

Intervista a cura di Luca Greco

Diego, mi racconti la tua storia?

«Sono nato in Italia, vicino Milano e lì ho trascorso i miei primi 20 anni della mia vita. Fin da piccolissimo ho sempre avuto la passione per l’arte. Tutto ha avuto inizio con i ritratti. Poi ho scoperto i fumetti e quando avevo 15 anni ho iniziato ad usare le bombolette a spray e l’aerografo. Dopo aver studiato economia e matematica tra Italia e Svizzera mi sono trasferito a Londra, dove ho lavorato sul traading floor di una grossa banca d’affari per 15 anni. Durante questi anni ho dovuto parcheggiare tutti i miei sogni artistici che avevo da bambino. Poi, con l’avvicinarsi dei 40 anni ho preso la decisione di ritornare al mio grande amore e ho lasciato la banca. Da allora questa è la mia nuova vita».

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D13EGO, ph L. Greco

Ti andrebbe di descriverci l’attuale “stato dell’arte” qui a Londra?

«Oggi Londra è tra le piazze più importanti al mondo per l’arte, dalla street art alle case d’asta, passando per le gallerie. Sulle strade di Londra hanno fatto la loro comparsa tantissimi artisti che poi sono diventati iconici, basti pensare a Banksy. Qui la cultura dell’arte è piuttosto diffusa (ci sono tra l’altro ottime scuole d’arte), ma è anche sviluppata la cultura commerciale: ci sono tantissimi musei con collezioni strepitose. L’Inghilterra è un Paese che storicamente ha comprarto arte e attualmente, qui a Londra, il mercato è vivo e vegeto e paga anche abbastanza bene. Si tratta di un fenomeno che ha tratto dei grossi benefici dalla bolla edilizia che c’è stata negli ultimi vent’anni: sono state costruite tante nuove case in stile moderno con tanti nuovi muri dove appendere nuovi quadri».

Come si pone la tua urban pop art nei confronti della realtà? È una celebrazione o piuttosto una critica della cultura popolare alla quale dai spazio?

«Entrambe. Ho una visione dualistica delle cose: solitamente dipingo soldi o donne. Con entrambe ho sempre avuto un rapporto di “amore ed odio”. Sono le cose di cui non puoi farne a meno: la relazione con le persone e con i soldi. Spesso sono i soggetti che mi spingono a studiare le relazioni».

Tu prendi le immagini che si trovano comunemente all’interno della cultura popolare, le isoli dal contesto iniziale e le svuoti del loro significato ritagliandole o strappandole. Così facendo, crei una nuova interazione formale e cromatica nella composizione. Come scegli le tue icone e le immagini da inserire all’interno delle tue creazioni? Ovviamente faccio riferimento ai giornali finanziari alle banconote, ai biglietti di lotteria, ai fumetti.

«Cerco sempre di bilanciare l’aspetto estetico con un aspetto più profondo e ricercato. Prima di tutto i miei quadri devono essere esteticamente piacevoli da vedere. Io solitamente – come tutti del resto – appendo ai muri le immagini che mi piace guardare. Per quanto riguarda l’arte finanziaria, la scelta delle immagini più semplicemente deriva dagli anni passati in finanza: sono dei ragionamenti, pensieri, osservazioni che ho maturato durante i 15 anni davanti agli schermi di Bloomberg. Invece, le altre immagini – quelle con gli strappi e la sovrapposizione – tendono ad indagare a volte i contrasti e altre volte il passare del tempo: è come quando c’è uno strappo sui cartelloni pubblicitari che rivela l’immagine che c’era mesi prima. È una specie di narrativa fatta con le immagini che riflette sull’avvicendarsi degli accadimenti. Spesso, però, queste immagini possono anche essere completamente indipendenti l’una dall’altra».

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«Mi piace il denaro appeso al muro. Metti di comprare un quadro da 200.000 dollari. Credo che dovresti prendere quei soldi, metterli assieme e appenderli al muro. Così, se qualcuno viene a trovarti, la prima cosa che vede sono i soldi al muro». (A. Warhol)

Le tue creazioni trasformano la cultura di tutti i giorni in un’arte sexy e glamour. Ad esempio, al loro interno molto frequente è la presenza femminile. Come mai?

«Le donne per me sono misteriose e affascinanti. Suscitano la mia curiosità perché hanno  emozioni, umori e modi di affrontare la vita diversi rispetto al mondo maschile. La presenza femminile è un soggetto naturale dei miei quadri».

Ti va di parlarci delle tecniche che adoperi all’interno delle tue creazioni?

«Essendo autodidatta non ho mai avuto un’iniziazione scolastica tradizionale. Ho da sempre sperimentato tanto. Sicuramente la tecnica che prediligo di più è la pittura a spray. Mi piace il fatto che questo tipo di pittura si applichi su qualunque superficie (orizzontale e verticale), che sia impermeabile all’acqua e indistruttibile al sole (è un prodotto duraturo e molto eclettico). Le mie creazioni fatte con la pittura a spray si avvalgono degli stencil (immagini che ritaglio su carta con tantissimi dettagli). Solitamente lo stencil viene utilizzato per la riproduzione di immagini di massa (in serie), io, invece, ne utilizzo tanti sulla stessa tela una volta sola e poi li distruggo. Forse avrò capito male le istruzioni? Utilizzo un metodo contrario, ma l’effetto finale è unico. Per fare le rifiniture mi piace usare poi il pennello a punta fine. Questo deriva un po’ dal mio passato da fumettaro.

La tecnica degli strappi è stata un po’ una mezza invenzione ispirata da Mimmo Rotella. Nelle mie opere, tuttavia, gli strappi sono dipinti. Alcune di esse, specie quelle fatte interamente a pittura a spray, vengono interamente coprerte con epoxy, una resina bicomponente che viene dal mondo della nautica. È una finish che aiuta sia a proteggere il quadro sia ad animare i colori, li rende molto più vivaci e ha quest’effetto di vetro liquido che trovo molto affascinate».

“Pop art” vuol dire “portare l’arte alle masse”. In quale misura è possibile concepire la tua tecnica come interpretazione e rielaborazione delle strategie proprie del mondo del cinema e della pubblicità?

«Certamente il nostro senso estetico è in qualche modo modellato dal cinema e dal mondo della pubblicità. Nel momento in cui faccio vedere dei miei quadri a dei potenziali clienti succede una cosa che mi sorprende e per certi aspetti mi diverte. C’è sempre qualcuno che mi dice: “io non ci capisco niente di arte, ma quello che fai tu mi piace”. Il fatto che qualcuno debba scusarsi di non essere un esperto di arte è molto singolare. Quando riesci a riconoscere che qualcosa ti piace e ti desta un’emozione non c’è bisogno né di giustificarsi e né tantomeno di scusarsi. L’arte contemporanea non è per pochi, ma è fatta per le masse, per tutte quelle persone che vivono la quotidianità. Quello che faccio è più simile a una canzone pop e non ad una canzone che è diventata iconica negli ultimi 50 anni. Non mi piace il fatto che la gente debba giustificarsi di non essere esperta d’arte. Mi piace, invece, il fatto che la gente capisca subito i miei quadri: ad esempio, le ragazze della mia ultima linea addirittura fanno lo spelling del contenuto dell’opera».

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D13EGO, ph L. Greco

Domanda di rito, che cos’è per te la bellezza?

«La bellezza è effimera ed è mutevole. Ci sono due concetti di bellezza: c’è il concetto di bellezza “oggettiva”, che è un insieme di emozioni quasi misurabile derivante dall’aspetto estetico e dai canoni che cambiano con l’epoca e viene riconosciuta da tutti come tale. Poi c’è invece la bellezza negli occhi di chi guarda, che è quella che mi interessa di più. Si tratta di una bellezza priva di canoni tradizionali, libera dall’idea di giusto o sbagliato. È semplicemente ciò che fa scattare un’emozione in chi la guarda. A me, per esempio, piacciono i contrasti e le linee semplici. Più c’è contrasto e più trovo l’immagine bella».

Progetti futuri?

«Negli ultimi mesi sono stato molto occupato a creare una nuova linea, intitolata “Bad Ass Girls”, che ha suscitato l’interesse di una grande galleria inglese. Presto ci sarà il lancio ufficiale di questa linea. Nel medio periodo, invece, mi piacerebbe esporre anche in altre nazioni come per esempio in America (a New York, a Miami o a Los Angeles). Poi, mi piacerebbe collaborare con qualche artista che abbia uno stile diverso dal mio».

Per maggiori informazioni: https://www.d13ego.com/


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