Con novantasette opere provenienti dal Centre Pompidou la mostra Matisse e il suo tempo ci presenta le opere del celebre pittore francese attraverso il contesto delle sue amicizie e degli scambi artistici con altri pittori come Picasso, Braque e Léger. Promossa dal Comune di Torino, dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte e dal Polo Reale di Torino, la mostra è organizzata da 24 ORE Cultura/Gruppo 24 ORE e Arthemisia Group, ed è curata da Cécile Debray.
– Luca Greco – La mostra Matisse e il suo tempo, in svolgimento a Torino presso il Palazzo Chiablese fino al 15 maggio 2016, ci offre una rinnovata e completa immagine del celebre pittore francese attraverso un itinerario scandito in dieci diverse sezioni che va dai suoi primi esordi nell’atelier di Gustave Moreau (1897-99) fino alle sue ultime carte dipinte ritagliate: il ritratto che ne deriva non coincide più con il maestro della Danza isolato nella sua torre d’avorio, bensì con un Matisse inserito all’interno di una rete di amicizie e di scambi artistici con i pittori dell’epoca. Ciascuna sezione di questa meravigliosa esperienza artistica è stata arricchita dai numerosi richiami storici di due specialisti di Matisse: Claudine Grammont e Augustin de Butler. Attraverso l’accurata e originale scelta di un nucleo di capolavori composto da ben novantasette opere appartenenti al Musée national d’art moderne del Centre Pompidou di Parigi (cinquanta di Matisse e quarantasette di artisti della stessa generazione), Cécile Debray (curatrice della mostra) ci proietta direttamente entro il percorso creativo dell’artista francese: i costanti confronti visivi con le opere di artisti contemporanei a Matisse ci aiutano a cogliere non solo le loro più sottili influenze reciproche, ma soprattutto quello «spirito del tempo», che unisce Matisse alle altre differenti interpretazioni della realtà degli artisti a lui contemporanei. Poter cogliere questi scambi renderà sicuramente più viva e insieme più ricca di sfumature la nostra conoscenza dell’arte del XIX e XX secolo. La bellezza di questa mostra sta proprio in questo, nella completezza della sua raccolta, nella veduta d’insieme che essa offre oltre la cornice di un quadro, entro i confini di un tempo passato che continua a vivere anche attraverso i suoi «effeti matissiani».
Le dieci sezioni
La prima sezione della mostra (I “Moreau”) è dedicata ai rapporti d’amicizia che Matisse strinse con Albert Marquet, Charles Camoin, Henri Manguin (i suoi condiscepoli dell’atelier di Moreau) durante gli anni dell’École des Beaux-Arts. Insieme a loro, egli dipinse una serie di quadri volti all’esercitazione e all’apprendimento come vedute della Senna – come in Pont Saint-Michel del 1900 -, modelli in studio o sessioni di copie di dipinti al Louvre. La seconda sezione ha come tema centrale, invece, l’avventura matissiana con il «fauvismo» (di cui fu capogruppo), cominciata con un soggiorno nel Midi, a Collioure, nell’estate 1905, quando la «scandalosa» mostra al Salon d’Automne dei dipinti dai colori puri organizzata da Matisse e dai suoi amici Manguin, Cmoin e Marquet e di André Derain e Maurice de Vlaminck segna la nascita del movimento, al quale si uniranno Braque e Dufy. A rappresentare tale periodo sono presenti in mostra l’Autoritratto (1900) di Matisse e Il sobborgo di Collioure (1905) di Derain. Dopo esserci soffermati sul rapporto «conflittuale» tra l’artista e il cubismo (presente nella terza sezione) e aver approfondito il suo rapporto con Juan Gris ci apprestiamo a vivere l’intensa esperienza artistica degli gli anni di Nizza del 1917 (tema della quarta sezione). Durante questo periodo Matisse incontra Auguste Renoir, stringe amicizia con Pierre Bonnard e conosce la modella italiana Lorette (rappresentata in Lorette con tazza di caffè del 1917). Studiando gli ultimi dipinti di Renoir e di Monet, partecipa anch’egli con Derain e Picasso al ritorno al classicismo degli anni Venti. Uno dei capitoli più attesi e più importanti della mostra è certamente quello dedicato ai suoi soggiorni in Marocco. Questo è un periodo di intensa creatività artistica per Matisse: egli riscopre il tema esotico dell’odalisca (L’algerina del 1909) nella linea di Delacroix rinnovando completamente la sua tavolozza con i colori della terra dell’Africa. Le Odalische contribuiscono in modo decisivo al grande successo matissiano, segnando una vera e propria moda: attorno a queste figure artistiche viene a formarsi, infatti, una vera e propria corrente orientalista moderna attraverso la mediazione di Roger Bezombes e Picasso (presente in questa sezione con Nudo con berretto turco del 1955). Matisse ama reinventarsi, lo fa costantemente. Durante gli anni Trenta egli sviluppa un nuovo approccio alla linea nella serie Temi e variazioni (1943), dove il disegno diventa più stilizzato: appartengono a questa fase la grande decorazione murale per il dottor Barnes, La danza, e delle illustrazioni delle Poesie di Mallarmé. La sezione successiva (quella dedicata agli anni quaranta) si concentra sul ritorno alla pittura degli «interni» di Vence: come era già successo durante il 1914, Matisse pone ancora una volta al centro delle proprie creazioni artistiche il motivo della finestra. In questo periodo molti artisti suoi contemporanei come Picasso (con il suo Lo studio dell’ottobre 1955), Braque (L’Atelier IX del 1952/1956), Dufy e Giacometti amano raffigurare nelle loro opere l’atelier, che diventa una vera e propria immagine-simbolo riflessiva e autoreferenziale. Lo stesso sembra valere anche per la natura morta (tema della penultima sezione della mostra): come si evince nelle sue celebri nature morte con arance, anche questo genere rappresenta per il nostro artista un irrinunciabile strumento di autoriflessione. Dagli anni Trenta agli anni Cinquanta, i grandi artisti figurativi, tra cui Léger, Picasso e Dufy, mutano il proprio stile verso il linguaggio grafico modernista di Le Corbusier e di Mondrian. Tale cambiamento legato all’estetica modernista degli anni Cinquanta sembra influenzare fortemente anche i dipinti di Matisse, come la Ragazza vestita di bianco, su fondo rosso (1946). Il decimo e ultimo capitolo della mostra è dedicato all’eredità artistica matissiana: nel 1947 Matisse dà origine a una nuova tecnica, il cosiddetto guazzo ritagliato che gli consente di ritagliare «al vivo» nel colore. Fa parte di questo periodo la serie di venti tavole realizzate con la tecnica dello stampino Jazz (1947) a cui appartiene Icaro (tavola VIII). Matisse durante quest’ultima fase della sua carriera inventa nuove tecniche che avranno conseguenze importantissime sul lavoro delle generazioni future dagli espressionisti astratti come Rothko e Sam Francis agli artisti di Supports/Surfaces come Vincent Bioulès, Claude Viallat, Jean-Pierre Pincemin e Simon Hantaï.
Decido nel mio tempo libero di cercare notizie sulla mostra di Matisse a Torino, vista la mia impossibilità ad andarci, imbattendomi in questo articolo, noto quale sia il potere delle parole se usate opportunamente. In un’epoca in cui la tecnologia sta prendendo sempre più piede attraverso tour virtuali è ancora possibile stupire, far sognare ma soprattutto far viaggiare il lettore nella vita di Matisse, quasi ad osservare con i suoi occhi e pensare con il suo cervello l’evolversi della sua vena artistica. I miei più sentiti complimenti! Grazie per questo breve, conciso, descrittivo ma soprattutto stimolante articolo, che aumenta la curiosità del lettore nei confronti di splendidi dipinti senza tempo.
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