Figure. Come funzionano le immagini dal Rinascimento a Instagram – Riccardo Falcinelli

LUCA GRECO – In quale misura la rivoluzione tecnologica ha cambiato il nostro modo di guardare le immagini e di inquadrare il mondo negli ultimi cinque secoli? Dalla pittura, alla comunicazione visiva visiva, passando per il cinema e per la fotografia molte cose sono cambiate. Ce le racconta Riccardo Falcinelli nel suo ultimo saggio, edito da Einaudi (2020), “Figure. Come funzionano le immagini dal Rinascimento a Instagram”.

Durante la narrazione l’autore ci accompagna nella bottega di celebri pittori, fotografi e registi del cinema, nel tentativo di cambiare il nostro modo di guardare 500 icone che hanno segnato la storia dell’arte e della cultura dell’Occidente, dal Rinascimento a Instagram. “Figure” è un libro pensato non solo per i più appassionati teorici di storia dell’arte o semplici curiosi, ma anche per gli “addetti ai lavori” (artisti, illustratori, designer, social media manager, ecc.).

Le figure: un meccanismo da comprendere

Per Falcinelli le immagini, dunque, oltre a rappresentare qualcosa per qualcuno, possiedono un meccanismo da comprendere. Il suo approccio è del tutto inedito: non tratta le figure come simboli che nascondono misteriosi significati. Al contrario, le analizza per capire perché alcune immagini funzionano e altre no, perché sono in grado di suscitare maggiormente il nostro interesse, perché ci stupiscono.

Le figure e la loro disposizione all’interno di un quadro, di una fotografia, di una scena di un film comunicano un certo tipo di intenzioni e valori culturali. Anziché spiegare cosa significano le immagini, l’autore si chiederà, appunto, come funzionano.

Quanto contano i limiti nelle immagini?

Secondo Falcinelli, in arte (e non solo) la disposizione delle figure in centro rappresenta non solo una consuetudine storica, ma anche la manifestazione di una volontà del mondo che si sottrae al caos e al disordine.

Dopo la nascita della prospettiva è della comparsa – alcuni secoli dopo – di dispositivi visuali, cambia letteralmente il punto di vista dell’uomo sul mondo. E lo stesso si può dire anche nel cinema. All’interno del libro, per esempio, non mancano riferimenti o esempi legati allo straordinario mondo di Kubrick, fatto di prospettive e simmetrie, e a quello dei videogiochi.

C’è chi mette tutto al centro e altri che si dedicano ai “margini”. A volte studiare i limiti estremi di un quadro o di un’inquadratura può diventare un’esperienza altrettanto rivelatrice. Non mancano gli esempi. Nel corso della narrazione l’autore ci mostra con straordinari esempi tratti dal mondo della pittura e della fotografia di diverse epoche storiche dove, per esempio, il margine diventa protagonista (Tiziano, Jaques-Louis David, Toni Frisell, Degas).

Questo significa che il mondo, quindi, potrebbe continuare anche oltre i margini del quadro? Questo non è un fatto scontato: quel taglio sul margine sarà il presupposto per arrivare successivamente a quella che Falcinelli chiama verità della ripresa video.

Nelle cose d’arte e pure nella vita, solo chi ha coscienza del limite è in fondo davvero libero”. (Falcinelli, p. 8)

Quanto è importante la forma?

Anche la forma del supporto determina come la composizione e il contenuto al suo interno. Falcinelli racconta ai suoi lettori perché si sia diffusa ad un certo punto della storia dell’arte la forma rettangolare.

Cambia la figura dell’artista, certo, ma dietro il successo di un determinato modo di inquadrare una scena vi sono ragioni che hanno radici nella storia e nel nostro modo di vedere la realtà: chiedersi che formato debba avere il fotogramma vuol dire stabilire quale aspetto dovevano avere le immagini per tutto il xx secolo.

Nuove percezioni, nuovi ragionamenti formali, nuovi medium…

Un nuovo spazio comporta anche nuove percezioni, nuovi ragionamenti formali. L’orizzontalità e la verticalità giocano un ruolo significativo:

Il formato non è affatto un elemento neutro ma è portatore di valori politici e di complesse visioni del mondo. Insomma: il verticale è stato prevalentemente un ritratto, qualcuno distante e volitivo che ci si para davanti, affermando sé stesso; l’orizzontale è un paesaggio, un territorio o una donna nuda, cioè qualcosa che si stende nello spazio, che si possiede o che si conquista. (Falcinelli, Figure, p. 96)

Il problema del formato, per esempio, è legato sia al modo in cui ci troviamo a guardare, sia al medium o alla tecnologia che viene impiegata. E questo oggi vale soprattutto grazie alla diffusione degli smartphone.

E il pubblico?

Composizioni diverse, dunque, invitano l’occhio dell’osservatore a comportarsi in modi altrettanto diverso. Le immagini contengono già, nella loro struttura, il presupposto di come saranno guardate. In ciò che guardiamo c’è sempre una gerarchia visiva, un nucleo forte.

Quando guardiamo un’immagine in qualche modo ci entriamo dentro. C’è qualcosa che suscita il nostro interesse e ci trascina nella rappresentazione. Se […] ogni figura possiede un suo tempo per essere guardata, ne consegue che ci sono cose che notiamo per prime, altre per seconde, altre ancora per terze, e così via. […] Il più delle volte si tratta di un segno o di una direzione tracciata nel quadro che ci trascina all’interno della storia. (Falcinelli, Figure, p.195-196)

Secondo Falcinelli, siamo attratti da un flusso, da una tensione che si muove attraverso le forme, una forza che si propaga in certi punti di più e meno in altri, frutto dei legami impliciti che l’occhio traccia fra i nodi principali dell’immagine.

Come vedremo, all’interno di questo processo di fruizione, il pubblico nel corso della storia guadagnerà man mano un ruolo sempre più attivo nella costruzione del senso delle immagini

“e può riconoscere in un quadro, in un film o in un disco, degli aspetti di cui l’autore stesso è ignaro, al punto che, se in tanti ci si trova d’accordo, il nuovo significato finisce per essere parte dell’opera anche contro la volontà del suo autore”. (Falcinelli, Figure, pp. 257-258)

In conclusione…

Ovviamente ciò che racconto all’interno di questo articolo rappresenta solamente una piccola parte di quello che è contenuto all’interno di “Figure”. Sono tante le cose che ho imparato leggendo questo libro. Ho imparato, innanzitutto, che un’immagine può avere un’eco enorme nella storia e che questo esito dipende, in grande parte, da infiniti fattori sociali, formali e non formali, legati al nostro modo di vedere il mondo in continua evoluzione.

Ho imparato, poi, ad aumentare l’effetto di lontananza nei miei scatti attraverso la tecnica del repoussir, a bilanciare meglio le inquadrature (così come faceva Hitchcock) e che il vuoto funzionale in un’immagine è fondamentale per raccontare un prodotto.

Ho imparato, infine, che le immagini non sono mai solo immagini e non sono neppure solamente idee. Sono “oggetti concreti”, che – come sostiene Falcinelli – occupano uno spazio preciso, hanno un determinato peso e dimensioni e che la loro disposizione nello spazio è il frutto di una distanza appropriata tra gli esseri umani ,come ne esiste una tra gli oggetti, poiché uomini e cose partecipano del medesimo spazio, reale e psicologico.

Fare i conti con questa realtà è fondamentale per capire il meccanismo che si nasconde dietro le immagini. La società della comunicazione di massa lo sa bene e ha fatto tesoro di tutto questo processo evolutivo.

Lascia un commento