La storia della musica contemporanea è stata fatta anche da musicisti vissuti nell’ombra. Tra questi, Slep elenca gli artisti che lo hanno maggiormente influenzato.
Slep è un chitarrista, insegnante (Scuola Civica di Torino – CFM, carcere delle «Vallette» di Torino), compositore e produttore. Nel suo stile convergono vari linguaggi musicali quali il blues, il rock, il country e lo swing. I suoi principali tratti distintivi sono il fraseggio blues e l’utilizzo della tecnica della chitarra slide. Ha dato forma ad un nuovo metodo di chitarra bottleneck chiamato “Sliding on Blues” ed è autore della linea editoriale Manuali di Chitarra Moderna. Ha pubblicato tre album come Slep & The Red House (Ricordi-BMG) e collaborato con Francesco De Gregori, Arti e Mestieri, John Martyn, Dr. Feelgood, Jimmie Vaughan e molti altri. Ha scritto colonne sonore cinematografiche (ad es. Black Harvest di Guido Chiesa) e radiofoniche (Stereonotte – Rai). È attualmente attivo con il trio “The BOWINDOWS” (swing-blues).
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Intervista a cura di Luca Greco
Slep, la storia della musica contemporana è stata fatta anche da musicisti vissuti nell’ombra. Tra questi, quali sono quelli che hanno maggiormente caratterizzato il tuo stile musicale?
«Molti sono i chitarristi da cui credo (e spero) di aver “rubato” qualcosa: Scotty Moore , Albert King, Mick Taylor, Chet Atkins, Mike Bloomfield, Duane Allman, Kenny Burrell.
Alcuni altri, ignoti al grande pubblico, mi hanno influenzato dal punto di vista “estetico” del suono e della costruzione del linguaggio; tra questi , mi piace ricordare i più “fedeli alla tradizione”, quali Gypie Mayo, Hollywood Fats, Danny Gatton o Chris Spedding e quelli invece più propensi alla sperimentazione, quali Marc Ribot, Fred Frith e Terje Rypdal».
Chi sono davvero questi «Outsiders» della musica? Proviamo ora a tracciare brevemente l’identikit di questi personaggi seguendo le tue iniziali indicazioni. Partiamo da quelli più tradizionali.
«John Phillip Cawthra, alias “Gypie Mayo“, rimane folgorato , come tutti i suoi coetanei britannici, dai soli melodici di Hank Marvin (The Shadows) e poi dall’energia dei Beatles e degli Stones dei primi anni ’60. Assolve con successo al gravoso compito di sostituire l’iconica chitarra di Wilco Johnson nella line-up dei Dr.Feelgood, leaders del pub rock. I suoi fraseggi taglienti alla Stratocaster o alla Telecaster consegnano alla nascosta leggenda dei club londinesi gemme come i riff di “Milk and Alcohol” e “Down at the Doctors”.
Michael Leonard Mann, detto “Hollywood Fats“, inizia la sua carriera a fianco del cantante-armonicista californiano James Harman e collabora, prima di formare la sua band, con i mitici Canned Heat. Il suo stile è un mix di blues alla Freddie King, swing blues alla T-Bone Walker e rhythm’n’blues ed avrà una notevole influenza su chitarristi blues moderni, quali Jimmie Vaughan, Duke Robillard, Ronnie Earl, etc…
Danny Gatton, il “più famoso tra gli sconosciuti”. Molto più apprezzato tra gli addetti ai lavori che non dal grande pubblico, causa la sua estranetà ai clamori del pop-glamour. È stato uno dei chitarristi più influenti per abilità tecnica e sconfinato talento nel saper miscelare country, blues, rock-a-billy e swing-jazz nel suo linguaggio.
Chris Spedding, sinonimo di “session-man” quando, in tempi ormai remoti, si richiedeva ad un chitarrista di contribuire con la sua personalità al “sound” di un album in studio. La sua firma rimane indelebile in classici “rock-a-billy” (Robert Gordon), “hard-rock” (Jack Bruce, Sharks), “pop” (Elton John, Harry Nilsson, Bryan Ferry, Paul Mc Cartney ), “prog” (Nucleus) e “sperimentali” (Brian Eno, John Cale)».
E quelli, per te, «sperimentali»?
«Marc Ribot, chitarrista americano di estrazione rock ma sempre “in bilico” tra linguaggi tradizionali, free-jazz e sperimentazione. È noto per le sue collaborazioni con Tom Waits, Elvis Costello, John Zorn, David Sylvian e Arto Lindsay.
Fred Frith, polistrumentista e chitarrista fondatore dei leggendari “Henry Cow”, uno dei gruppi più importanti del movimento prog-rock dell’area di Canterbury. Durante gli anni ‘60 aderisce al movimento dell’ “Improvvisazione Totale” insieme a Derek Bailey e collabora, in seguito , con vari artisti dell’area dell “avangarde” quali Art Bears, Golden Palominos, Robert Wyatt, Brian Eno, The Residents, Lol Coxhill e Bill Laswell.
Terje Rypdal, compositore e chitarrista norvegese, ha il primo approccio con il jazz moderno attraverso le esperienze maturate con Jan Garbarek e Lester Bowie. Il suo stile comprende influenze di stampo classico, contemporaneo e una continua sperimentazione sonora, ben rappresentata nel catalogo della “ECM”, mitica etichetta discografica, rinomata per la qualità delle registrazioni e della selezione degli artisti».
Slep, cosa significa per te essere «sperimentale»?
«Seguire il proprio istinto, non essere condizionati dalle mode o dalla necessità di piacere ed intraprendere un viaggio di cui non si conosce il punto d’arrivo. La Musica è Arte. Arte è coraggio, rischio ed esposizione alla critica».
Slep consiglia l’ascolto di:
Gypie Mayo – “Be Seeing You” (Dr. Feelgood)
Hollywood Fats – “Rock this House”
Danny Gatton – “88 Elmira St.”
Chris Spedding – “Hurt”
Marc Ribot – “Saints”
Fred Frith – “Speechless”
Terje Rypdal – “What Comes First”
Interessante.
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