«Journal animé»: la forza e la bellezza dell’arte libera nel cinema d’animazione. Intervista a Donato Sansone

Lucano di nascita e torinese di adozione, Donato Sansone, è un grafico, un animatore e un regista. La passione per la pittura e per il mondo del cinema lo spingono a sperimentare sempre nuove tecniche d’animazione. La sua ricchissima produzione artistica comprende numerosi videoclip, spot pubblicitari televisivi e corti. In questa intervista Donato Sansone mi parla di «Journal animé» – in nomination per i César nel 2017 – di bellezza e libertà d’espressione.

All’indomani della strage del 15 gennaio 2015 avvenuta presso la sede del giornale satirico Charlie Hebdo, il canale televisivo francese Canal+ commissiona una serie di opere d’animazione (colletion Dessine Toujours!) aventi come tema principale quello della libertà di espressione. Nel novembre 2015 Donato Sansone realizza il corto «Journal animé» (prodotto da Autor de Minuit con la collaborazione di Canal+). A novembre 2016 il corto viene selezionato per gli Oscar dell’animazione e nel 2017 è nominato ai César.

Il film di Donato Sansone è un vero e proprio capolavoro del cinema d’animazione contemporaneo. I suoi tratti e ri-tratti di bellezza animano il vero e raccontano l’attualità con tutta la forza dell’arte libera.

Intervista a cura di Luca Greco

Donato, come nasce la tua passione per il cinema d’animazione?

«Nasce in maniera un po’ casuale. Mi sono sempre piaciuti i cartoons. Sono nato con quelli degli anni Settanta, quelli dei robot, come Mazinga. Mi hanno formato. Io in realtà volevo fare il pittore, poi, però, negli anni Novanta ho scoperto la bellezza dei video su MTV. Una volta terminata l’Accademia di Belle Arti c’è stata la possibilità di iscrivermi in una scuola di animazione a Torino. A me interessava di più fare live action con gli effetti speciali, cosa che faccio ancora. Da quel momento è iniziato tutto».

Quanto incide il tuo amore per pittura all’interno delle tue animazioni?

«Incide tantissimo. C’è un sacco di influenza pittorica in ciò che faccio e questo accade non solo nei video, ma anche nei miei live action. Io sono nato pittore e tendo verso l’astrattismo. Prima di diventare animatore dipingevo. Nei miei video cerco di espandere la mia idea di pittura. È come se cercassi di fare pittura in movimento. Ad esempio, tempo fa ho fatto un corto, «Portrait», che si ispira ai ritratti grotteschi e surreali di Francis Bacon. Al suo interno è come se avessi voluto rendere reali e tridimensionali quei ritratti».

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Una domanda di carattere biografico. Come me, anche tu sei lucano di nascita, ma torinese d’adozione. Che rapporto hai con questa città?

«Amo Torino perché è qui che ho incontrato buona parte dei miei migliori amici. È una città che, come hai detto tu, mi ha adottato e mi ha fatto crescere. E poi qui c’è questa dimensione magica e spettrale alla quale io mi ispiro per le mie fantasticherie. Durante questo periodo vado spesso a Parigi, ma quando ritorno a Torino ho la sensazione di tornare a casa. Quando arrivo in piazza Vittorio mi sento abbracciare».

Recentemente, il tuo lavoro «Journal animé» (prodotto da Autor de Minuit con la collaborazione di Canal+) è stato selezionato per gli Oscar d’animazione e per i César. Ti va di parlarci della sua genesi? Come nasce questo film?

«Journal animé nasce perché Canal+ aveva in mente di sviluppare un progetto sulla libertà d’espressione. Mi hanno proposto attraverso Autor de Minuitdi essere autore di un cortometraggio che raccontasse questo tema, legato in qualche modo alla strage di Charlie Hebdo. Sono stato completamente libero di esprimere la mia creatività. Ho deciso di fare un giornale animato perché mi piaceva l’idea di intervenire sulle notizie quotidiane. Ogni giorno, per circa due mesi, interpretavo soggettivamente, a volte anche in modo ironico, le notizie. Durante la sua realizzazione, precisamente due giorni prima che il progetto si chiudesse, ci sono stati gli attentati di Parigi del 13 novembre. Questo avvenumento ha trasformato il mio corto in qualcosa di ancora più tragico, è come se il tema legato agli attentati fosse ritornato. Io non ho fatto altro che prendere le notizie più importanti e lavorarci sopra».

Quale tecnica hai impiegato durante la sua creazione?

«La tecnica è quella del disegno a mano, quella dell’animazione classica “passo uno”. Però, invece che farla su un foglio bianco, ho modificato un’immagine già esistente. Si tratta di una tecnica molto diffusa nelle animazioni degli anni Cinquanta-Sessanta. Ho animato le immagini di partenza disegnando fotogramma per fotogramma e coprendo con i pennarelli un’immagine di partenza lasciando lo sporco del fotogramma precedente dietro. È bello proprio quello sporco.  È come quando si scarabocchia sui giornali mentre si è al telefono».

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Journal animé (2015)

È questo «sporco» che dà l’idea di continuità tra la tua immaginazione artistica e la realtà rappresentata dalla foto presente sul giornale? È questo «sporco» che dà l’idea di spontaneità?

«Si, è come se fosse un ponte, un filo diretto che unisce. Ho utilizzato questa tecnica proprio per dare quell’effetto di estemporaneità. Questo sporco ti dà quella sensazione di qualcosa che si sta formando sotto i tuoi occhi».

Come mi hai detto prima, «Journal animé» è il frutto della tua improvvisazione artistica. Durante il film, tu sfogli le pagine del quotidiano Libération ed esprimi la tua interpretazione dei fatti animando avvenimenti immortalati su delle foto. È un’opera ispirata al concetto di libertà di espressione. Quanto è stato importante sentrirti libero durante questa creazione? Che cosa significa essere liberi di esprimere la propria creatività?

«Durante questo lavoro mi sono sentito molto libero. La scelta delle notizie è stata mia. Mi sono sentito libero di mettere l’occhio su ciò che volevo, anche se sono stato maggiormente attento alle notizie di attualità. La libertà d’espressione è importante perché ci consente di essere ciò che siamo. Una bella creazione, però, può avvenire anche entro dei limiti perché è proprio nei limiti che bisogna inventarsi qualcosa per superarli. A volte questo è ancora più bello».

Dove trovi i tuoi spunti creativi? Quali sono le tue fonti principali di ispirazione?

«Gli spunti creativi sono dappertutto. Li trovo nella vita e nell’arte. Li trovo in tutto ciò che mi suggestiona, in ciò che ho appreso e che ho amato. La mia principale fonte d’ispirazione è la musica. Io lavoro con le immagini, però è il suono che evoca le mie rappresentazioni. Le immagini mi fanno vedere sempre ciò che già hanno visto gli altri, invece la musica evoca qualcosa di nuovo. A tal proposito vorrei ricordare il lavoro di Enrico Ascoli all’interno dei miei corti. Lui è un mio amico ed è il sound designer di tutti i miei lavori. Lui è il musicista che dà un’interpretazione molto originale ed efficace all’interno dei corti. La sua musica è fondamentale. Lui completa la parte mancante dei miei lavori».

Che cos’è per te la bellezza?

«Questa è una bella domanda. La bellezza per me ha una duplice valenza: è ciò che mi fa star bene e male nello stesso tempo. Io vivo di bellezza. La bellezza è tutto. È quella cosa che mi dà vita, che mi fa esistere e nello stesso tempo mi fa male perché là dove c’è bellezza c’è anche la caducità delle cose. Il fatto che la bellezza non sia qualcosa di irripetibile, che sia una cosa passeggera, mi fa stare troppo male».

Ti va di rappresentare la tua idea di bellezza su questo foglio bianco?

«Per raccontare la mia idea di bellezza ho bisogno di una vita intera. Io nella vita faccio questo, cerco di trasportare la bellezza delle cose che sento nei video o su una pittura. L’unico modo che ho per rappresentarla è lasciarti la pagina bianca, che in questo caso significa il campo delle infinite possibilità di tutto quello che può succedere, che può avvenire. Per me questa è la bellezza».

E se invece dovessi rappresentare la libertà d’espressione, con quale simbolo la rappresenteresti?

«Forse con un cuore. Il cuore rappresenta qualsiasi cosa che amiamo e che ci piace. Libertà di espressione significa concepire, parlare delle cose con quello che sentiamo realmente e non con i pregiudizi».

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