Attraverso quest’intervista Claudio Cavallin ci racconta il suo originale progetto fotografico, intitolato “Turin Ballerina Project”, dove l’eleganza di un gruppo di ballerine di danza classica si fonde magicamente con la superba bellezza barocca, liberty e moderna del capoluogo piemontese.
Intervista a cura di Luca Greco
Recentemente Repubblica Torino ha pubblicato una tua fotografia come “immagine del giorno” per la copertina Facebook ricevendo grande successo. Quella foto rappresenta solamente uno scatto di un intero progetto fotografico molto originale attraverso il quale sei riuscito ad abbinare sapientemente l’eleganza e la bellezza delle pose di un gruppo di ballerine di danza classica con diversi luoghi del capoluogo piemontese. Claudio, come nasce quest’interessante progetto?
«A onor del vero devo ammettere che l’idea in sè non è originalissima… è già stata percorsa da altri fotografi. Il più celebre, famosissimo sul web, è il fotografo statunitense Dane Shitagi col suo Ballerina Project ambientato in un contesto urbano perlopiù newyorkese, ma con escursioni anche in altri luoghi, come Buenos Aires.
Originale è invece l’idea di trarre ispirazione da questi lavori per farne un adattamento che coinvolgesse viste e architetture torinesi. Ho pensato infatti che la nostra città, con la sua superba eleganza barocca, liberty ma anche moderna, potesse essere lo scenario ideale per un connubio ben integrato con la bellezza e l’eleganza del ballo classico».
Le strade di Torino rappresentano la straordinaria cornice dei tuoi scatti. Perché hai scelto proprio questa città? Parlaci del tuo rapporto con Torino.
«Benchè io sia nato e viva a Chieri, nella prima cintura, da sempre frequento Torino, una città che ho visto cambiare radicalmente (in meglio) negli ultimi 10 anni. Per noi ragazzini chieresi, il primo impatto con la grande città, nei sabati pomeriggio di struscio, era il capolinea del bus 30, nella monumentale Piazza Vittorio… e poi Via Po, Piazza Castello, Via Roma… Come fai a non amare una città che ti si presenta così?
È indubbiamente una città che offre molto, dal punto di vista culturale, ma senza il fragore di Milano o Roma; una città che è riuscita ad emanciparsi (certo, con fatica) dal proprio passato industriale; che ha saputo rivalutare luoghi un tempo abbandonati, come la Venaria Reale, facendoli diventare poli di attrazione turistica di primo livello».
All’interno del tuo progetto sembra regnare una perfetta armonia tra forme e colori: le movenze eleganti delle ballerine si fondono con l’ambiente circostante. Colpisce, tuttavia, la nostra attenzione un “singolare” accostamento, di rottura, tra una danzatrice in tutù e i graffiti dell’ex Villaggio Olimpico. Quali sono state le ricerche che hai svolto durante gli scatti?
«Devo confessare che il set ambientato presso il Villaggio Olimpico (ex mercati generali-arco olimpico) è uno dei miei preferiti. Perché è vero, è un elemento di rottura rispetto a viste più classiche, ma trovo che sia un luogo di grande bellezza, che potrebbe avere ben altra sorte rispetto a quella odierna. Ne adoro le geometrie, il gioco prospettico dei bellissimi archi in cemento armato. E mi è piaciuto metterci dentro la leggiadria di una ballerina, ho trovato il connubio molto armonico. Per me Torino è anche questo: luoghi un po’ abbandonati, con grandi potenzialità. A tal proposito, citerei anche la Cavallerizza Reale, l’ex Manicomio di Collegno, le Officine Grandi Riparazioni… luoghi questi nei quali probabilmente tornerò per la prosecuzione del mio progetto fotografico».
Interpretiamo la realtà facendo costantemente riferimento a una visione del mondo precedente alla nostra. Quando si fotografa si ritaglia una porzione “significativa” di realtà alla quale, in qualche modo, già apparteniamo. Tale eredità rappresenta il nostro filtro, una lente, che ci consente di osservare il mondo con una particolare tonalità. Dalla tua biografia leggo che sei un appassionato dell’arte figurativa pittorica, in particolare ti piace Caravaggio, i pittori preraffaelliti, Dino Valls e l’italiano Roberto Ferri. In quale misura la tua personale “eredità artistica” (visione del mondo) partecipa alla creazione dei tuoi progetti fotografici?
«Credo che per un fotografo sia utile, se non necessario, trarre ispirazione, oltre che dai grandi della Fotografia, anche dalle altre forme artistiche.
Sicuramente nel mio caso l’amore per i grandi artisti menzionati è stato ed è una continua fonte di ispirazione. Nei miei ritratti cerco sempre una attenzione particolare per la luce. E chi, meglio di Caravaggio, ha saputo farne un uso sapiente e magico? E come non citare i pittori Preraffaelliti, quando si parla di bellezza pura, quasi trascendente dalla bellezza reale?»
Quali sono i tuoi progetti futuri?
«In primis, vorrei proseguire, in luoghi torinesi da me non ancora fotografati, il progetto “Turin Ballerina Project”.
Inoltre ho in mente di riprodurre fotograficamente opere pittoriche classiche, proseguendo il lavoro già cominciato con la riproduzione del “San Girolamo” di Caravaggio e del “Cristo davanti a Pilato” di Mathias Stomer (visibili sulla mia pagina web http://claudiocavallin.tumblr.com/). Ho già individuato almeno 3 quadri classici che vorrei ricreare in fotografia.
Infine, mi piacerebbe mettere in piedi un progetto di ritrattistica che sia particolare e unico, ma ancora non ho le idee ben chiare su quello che voglio creare».
“Turin Ballerina Project” by Claudio Cavallin: