“The Matter of Time”: il labirinto esistenziale di Richard Serra

Otto pezzi di ellissi monumentali, realizzati in acciaio corten, costituiscono una delle installazioni più note dell’arte contemporanea. Commissionato direttamente dal Museo Guggenheim di Bilbao, “The Matter of Time” fa parte della mostra permanente dal 2005. Per indagare il suo significato sono entrato letteralmente nell’opera d’arte, ho esplorato i suoi strettissimi corridoi, mi sono perso e poi ritrovato tante volte nei suoi spazi più nascosti.

Ogni idea ha bisogno del suo materiale. Perché l’acciaio?

L’acciaio è un materiale che possiede incredibili proprietà, il più diffuso nella costruzione di ponti, edifici, torri e grattacieli. È resistente agli agenti atmosferici e cambia colore nel tempo, passando dal grigio al marrone scuro.

In “The Matter of Time” l’artista americano Richard Serra sceglie l’acciaio proprio per esaltare la profonda relazione che sussiste tra le sue proprietà e l’architettura. Come vedremo, l’obiettivo dell’opera è quello di ospitare per qualche istante il visitatore al suo interno e indurlo a ripensare l’idea di temporalità.

Dietro questa scelta, poi, vi sono anche delle ragioni biografiche. Serra è originario di una famiglia di immigrati europei della classe operaia e per pagarsi gli studi all’Università della California (Berkeley) lavorò per molti anni nelle acciaierie. Il ricordo di quel periodo e l’esperienza di questo materiale segneranno per sempre la sua produzione artistica: a partire dagli anni ’60 la sua ricerca farà riferimento proprio ai materiali di origine industriale come il corten.

Dal 2005 all’interno dell’imponente installazione è presente anche “Snake”. L’opera, realizzata da Serra nel 1997 per l’inaugurazione del Guggenheim di Bilbao, è costituita da tre enormi lame d’acciaio spesse 5 cm l’una che creano un percorso curvo e ondulatorio, perfettamente in linea con le altre sette opere dell’installazione.

Che cosa significa abitare in un’opera d’arte?

Serra ti invita a entrare nell’opera d’arte, ad abitarla e a condividere i suoi spazi con gli altri visitatori: è possibile, infatti, compiere il percorso con sconosciuti oppure ritrovarsi completamente soli tra le pareti.

Si tratta di un’esperienza estetica totalizzante, nel senso più autentico del termine [dal gr. αἰσϑητικός «che riguarda la sensazione, sensitivo», der. del tema di αἰσϑάνομαι «sentire, percepire»]. Sentiamo l’opera e l’idea stessa di tempo attraverso il nostro corpo e con tutti i nostri sensi. Basta sfiorare con le mani le superfici dell’installazione o sollevare lo sguardo verso lo spazio che divide le enormi lastre.

Una questione di prospettiva

Lo spazio, ridefinito e modellato nei suoi contorni attraverso le torsioni delle lastre, rappresenta un’altra componente essenziale dell’opera. Durante il percorso ogni piccola sensazione viene amplificata, persino la nostra presenza assume un significato differente. È tutta una questione di prospettiva: l’opera occupa un’intera sala del piano terra del Guggenheim Bilbao ed è visibile nella sua totalità solamente salendo al piano superiore.

La visione d’insieme che si pone davanti ai miei occhi è incredibile: come uno spettatore disinteressato assisto al costante perdersi e ritrovarsi di uomini e donne che percorrono gli itinerari tracciati dall’artista e come si muovono in relazione allo spazio.

Ritrovare sé stessi attraverso l’arte

Ritrovare se stessi nello spazio che cambia aspetto con il passare del tempo proprio quando ci si perde. È questo il senso profondo che si nasconde all’interno del “labirinto esistenziale” di Richard Serra. Condividere queste emozioni e il senso di meraviglia che si prova al suo interno con altre persone – che magari non conosci – ti fa sentire un po’ meno solo nell’universo, ti spinge a interagire non solo con l’opera, ma anche con il mondo che ti circonda. The Matter of Time è in grado di fare questo. L’arte è in grado di cambiare il mondo.


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