Sospesa tra tradizione e avanguardia, Valencia sta vivendo una vera e propria rivoluzione culturale, fatta di colori, simboli e storie che prendono forma sui muri dei suoi quartieri. Tra i vicoli del centro storico (e non solo), la street art ha smesso da tempo di essere vista come un atto vandalico, diventando il vero motore di una rigenerazione urbana capace di ispirare la costruzione di nuove identità collettive.

La street art a Valencia: un fenomeno in espansione
Un fenomeno diffuso che ha conquistato più zone della città: dal quartiere universitario di Benimaclet, alla zona marittima del Cabanyal. Ma è nel Barrio del Carmen che questa rivoluzione ha trovato il suo epicentro. Un tempo degradato e dimenticato, oggi il Carmen è diventato un punto di riferimento per la scena culturale alternativa della città. Ed è proprio lì che si concentrerà gran parte di questo viaggio.

Ovviamente, le opere e gli artisti che ho scelto di raccontare fanno parte di una ristretta selezione all’interno di un vastissimo panorama creativo che si rinnova ogni giorno. Quindi, non è stato facile sceglierle. Mi piacerebbe tornare presto in città per scoprirne di nuovi e non escludo un secondo episodio dedicato alla street art di Valencia.

Ora non ci resta che lasciarci ispirare dai colori, dai messaggi e dall’energia che solo la street art sa trasmettere.
1. Deih: apparizioni Sci-Fi sui muri di Valencia
Iniziamo questo tour con uno dei miei street artist preferiti: Deih. I suoi murales ci invitano a esplorare mondi interiori, misteri esistenziali e scenari immaginifici, grazie a uno stile che fonde fantascienza, cyberpunk e fumetto.

Nel graffito, la figura umanoide sembra provenire da un racconto futuristico, ambientato in un universo parallelo, dove tecnologia e ritualità arcaica si fondono. Le fasce bianche e nere che avvolgono il volto evocano tanto un travestimento cerimoniale quanto un’armatura leggera, mentre il cilindro dorato, con i tubi che si diramano sulle spalle, suggerisce un sistema vitale o un dispositivo energetico, come se il personaggio fosse un viaggiatore interstellare o un guardiano di passaggi dimensionali. La lunga veste rossa, resa con pieghe precise e contrasti di luce, aggiunge un tono sacrale, facendo sembrare la figura un monaco-guerriero. Lo sfondo urbano grezzo amplifica il senso di straniamento: il personaggio appare come un frammento di fumetto di fantascienza materializzatosi improvvisamente tra le pareti scrostate di Valencia, portando con sé un’aura di mistero e di racconto incompiuto che lo spettatore è chiamato a completare con la propria immaginazione.

2. L’unicorno urbano di Escif: utopia e allerta sui muri del Carrer de la Beneficència
Ci troviamo nel Carrer de la Beneficència, dove troviamo una delle opere più emblematiche e al tempo stesso enigmatiche di Escif: una grande testa di unicorno bianco su uno sfondo giallo saturo. A prima vista, l’immagine evoca un universo fantastico, ma l’artista ci invita ad andare oltre la superficie. L’unicorno, simbolo di evasione e sogno, è isolato in una posa statica – quasi fosse una statua su un fondo che richiama tanto la luce quanto l’allerta. È proprio questo contrasto, tra sogno e pericolo, a innescare questa riflessione: cos’è oggi una figura mitologica nel contesto urbano?

Lo street artist spagnolo sembra suggerire che la città ha bisogno di nuove mitologie civiche per ispirare. Il murale, tuttavia, non racconta solo di sogni, ma anche di bisogni concreti: quelli di una comunità che reclama sicurezza e dignità. Ed è proprio all’interno di una composizione sospesa nel simbolismo che compare una frase netta, scritta in stampatello, che introduce un’istanza concreta: “Fuera droga del barrio” (“Via la droga nel quartiere”).
3. Escif + Mr KERN: “Nunca se sabe”
Sempre in centro città, al numero 40 di Calle Corona, è possibile ammirare un’altra opera di Escif, realizzata nel 2022 in collaborazione con Mr. KERN, street artist argentino noto per il suo stile surrealista. Il murale raffigura un unicorno bianco, simbolo dell’immaginazione e dell’impossibile, affiancato da una scritta in stile gotico che recita: “nunca se sabe” (non si sa mai).

Questa espressione ambigua, evocativa e allo stesso tempo molto presente nel quotidiano, si sposa perfettamente con la poetica dei due artisti: da un lato Escif, che attraverso le sue opere invita alla riflessione sociale e politica; dall’altro Mr. KERN, il cui linguaggio visivo combina elementi grotteschi e simbolici per rompere gli schemi della normalità. L’unione dei loro stili crea un murale che lascia spazio a molteplici interpretazioni: un invito a restare aperti all’imprevisto, a dubitare delle certezze e a lasciarsi sorprendere da ciò che accade nel quotidiano.
4. THE PHOTOGRAPHER: l’enigmatica presenza che fotografa Valencia
Per le strade del centro di Valencia (nei quartieri come il Carrer del Torn de l’Hospital) è piuttosto facile imbattersi negli stencil del misterioso street artist THE PHOTOGRAPHER. Attivo dal 2015, ha creato una figura stilizzata di un uomo in cappotto e cappello, con una macchina fotografica al collo. Una silhouette semplice e nello stesso tempo enigmatica, che nel corso del tempo è diventata un simbolo riconoscibile nel panorama della street art valenciana.

In molti vedono in questa figura un commento alla presenza invisibile degli artisti in città, mentre altri la interpretano come una riflessione sulla memoria urbana e sull’importanza di documentare la vita quotidiana attraverso l’arte. Nonostante la sua popolarità, l’identità di THE PHOTOGRAPHER rimane sconosciuta, aggiungendo un ulteriore strato di mistero al suo lavoro.
5. I ninja di David de Limón: il lato umano della città
A proposito di anonimato. Dietro le sagome mascherate che popolano i muri di Valencia si nasconde l’anima leggera e poetica di David de Limón.

I suoi “ninja” non sono guerrieri, ma spiriti gentili della città, piccoli guardiani dell’immaginario urbano. Con il cuore rosso sempre in vista, sono simboli di una street art che si prende cura degli altri: figure misteriose ma familiari, disseminate per le strade.

I ninja di David de Limón non cercano la ribalta, ma lasciano tracce di affetto, restituendo all’arte urbana il suo potere originario, quello di umanizzare le città nelle quali viviamo.

6. Che cosa ci fa la starlet Rosita Amores Valls dentro una paellera?
È una domanda che in molti si sono fatti passando davanti a uno dei murales più fotografati di Valencia: Rosita Amores Valls, diva del cabaret valenciano, dentro una gigantesca paellera. L’immagine, firmata dal fotografo Luis Montolio, è diventata un’icona urbana dal 2014, quando fu installata per la prima volta su una facciata del centro città. Ma quella che può sembrare una provocazione gratuita è, in realtà, un omaggio a una figura che ha saputo attraversare la censura del franchismo con audacia e ironia, diventando un simbolo popolare e trasgressivo della cultura valenciana. La posa nella paellera, scattata in origine in un bar di Benicàssim, è insieme dissacrante e profondamente valenciana: un mix di identità regionale, gusto pop, umorismo e memoria collettiva.

La gigantografia, dopo essere stata rimossa nel 2020 per motivi di sicurezza, è “rinata” nel 2021 in una nuova stampa di grandi dimensioni che ha restituito al quartiere (e ai selfie dei passanti) una delle sue icone più amate. Così, tra ironia e affetto, la “miss Amores” in versione paella continua a dominare la scena urbana: un monumento effimero alla libertà di essere e apparire, proprio come Rosita ha sempre fatto, dentro e fuori dallo spettacolo.
7. “YA NO QUIERO AFECTO, QUIERO EFECTIVO” di J.WARX
Il prossimo murale di J.Warx non lascia molto spazio a interpretazioni: su uno sfondo celeste, un simpatico e tenero roditore mentre stringe tra le zampe una moneta da un euro. Alle sue spalle troviamo l’ironica frase “YA NO QUIERO AFECTO, QUIERO EFECTIVO” (Non voglio più affetto, voglio contanti). Un gioco di parole, dove l’“afecto” (l’affetto) viene barattato con l’“efectivo” (il denaro), che disvela la realtà sociale delle città contemporanee segnate dalla precarietà economica.

Il topo, creatura emblema della sopravvivenza, qui si fa portavoce di un desiderio disilluso: non più legami, ma sicurezza economica. J. Warx utilizza il linguaggio della strada per parlare di un presente in cui l’emotività sembra diventata un lusso e dove il valore affettivo è messo in secondo piano rispetto a quello monetario. Ho scelto quest’opera perché ci fa molto riflettere, ci infastidisce, ma soprattutto ci obbliga a guardare in faccia le priorità che ci siamo lasciati imporre da un modello si società che non ci appartiene.
8. DISNEYLEXYA: visioni sacre sui muri del Carrer de Baix
C’è chi dipinge per decorare, e chi invece trasforma i muri in portali simbolici, capaci di proiettarci verso miti dimenticati e narrazioni arcaiche che affondano nelle nostre radici più profonde. Disneylexya, artista cileno attivo a Valencia, appartiene a questa seconda categoria: nei suoi murales antiche creature mitologiche diventano protagoniste di nuovi racconti urbani.
Un grande universo ricco di spiritualità che nasce da una fusione di visioni e stili derivanti da: mitologie europee, simboli indigeni, narrazioni precolombiane ed estetiche del muralismo cileno degli anni ’70.

Per Disneylexya, realizzare i suoi murales è una forma di resistenza spirituale contro l’appiattimento visivo e culturale delle città. È proprio questo il caso del suo capolavoro realizzato sui muri del Carrer de Baix, dove una sfinge zoomorfa allungata che unisce elementi umani, animali e geometrici si snoda lungo due pareti ad angolo. È un richiamo profondo all’estetica precolombiana e ai tessuti tradizionali andini: rombi, triangoli, simboli totemici e pattern caleidoscopici si alternano come fossero codici sacri. Il volto della creatura è antropomorfo, con una corona piumata che richiama figure divine o regali di varie culture indigene. Dalla bocca sporge un enorme dardo a strisce bianche e nere, simile a una lancia rituale o un linguaggio visivo che trafigge il tempo. La mano allungata regge un fiore stilizzato che pare offrire o ricevere energia da una clessidra astratta da cui sgocciola una goccia bianca, un chiaro riferimento al tempo, al ciclo e alla sacralità dell’attimo. Sotto la coda della creatura troviamo un bulbo vegetale da cui spuntano rami: un simbolo che può rappresentare rinascita, fertilità o connessione con la terra.
9. La dolce ribellione di JULIETA XLF presso il carrer de la Corona
Nel vasto panorama della street art valenciana, Julieta XLF si distingue per uno stile “dolce”. Le sue bambine dagli occhi chiusi, sospese tra il mondo reale e quello onirico, popolano i muri di Valencia come piccole dee urbane, protettrici di un’immaginazione che non vuole arrendersi al grigiore delle città.

Il suo stile è riconoscibile al primo sguardo: linee morbide, colori pastello accesi, rimandi all’universo dei cartoni animati, dell’illustrazione e del fumetto giapponese, ma sempre attraversati da una profonda malinconia e un senso di dolce ribellione. Il suo nome d’arte non è casuale: la sigla XLF sta per “Por la Face”, espressione spagnola che significa “gratis”. Per Julieta, infatti, l’arte è un atto di dono, un gesto libero e accessibile, che non ha bisogno di gallerie né cornici. È cultura urbana fatta per tutti, per chi cammina distratto, per chi cerca rifugio in un colore, per chi si ferma ancora a sognare. Dietro la dolcezza delle sue figure si cela una riflessione profonda sul ruolo della donna e sull’importanza di mantenere vivo lo sguardo dell’infanzia come spazio di resistenza poetica.

Quest’opera, realizzata su una stretta e alta facciata nel cuore di Valencia, rappresenta una figura femminile dai tratti dolci e infantili i cui lunghi capelli si fondono con un tralcio di piante e fiori che percorre tutta l’altezza dell’edificio. Il tratto è netto, illustrativo, quasi da graphic novel, con colori tenui ma decisi (azzurri, rosa, bordeaux), che conferiscono all’opera una leggerezza fiabesca. La ragazza, come in molte opere di Julieta, ha gli occhi chiusi: non è chiaro se sogni, se ascolti o se stia evocando qualcosa. Ma è evidente che non si tratta di una semplice decorazione: la figura si fonde con gli elementi naturali, diventando essa stessa un canale che ci proietta attraverso le sue radici verso la natura, il cielo e la fantasia. Il tralcio vegetale che si arrampica lungo il muro può essere letto come simbolo di crescita o di speranza. È un invito ad alzare lo sguardo, a lasciarsi attraversare da un immaginario che parla la lingua dell’infanzia, ma con la profondità di una coscienza adulta e sensibile.
10. Ericailcane: un cavallo tirato da lumache
Cosa ci fa un cavallo trascinato da lumache in Carrer de Sant Dionís? Il prossimo graffito che scopriremo è firmato da Ericailcane, street artist italiano noto per il suo stile fiabesco e surreale, popolato da animali antropomorfi usati come allegorie della condizione umana.

In questo murale, l’immagine paradossale di un cavallo trainato da lumache si trasforma in una potente metafora visiva della nostra società: un mondo in cui la forza e il potenziale (il cavallo) sono frenati da strutture lente, inadeguate o contraddittorie (le lumache). Il rovesciamento dell’ordine naturale diventa così una critica all’assurdità di un sistema incapace di avanzare, ostacolato da burocrazie, paure collettive o poteri invisibili. Ma l’opera non è solo denuncia: è anche una riflessione sul tempo e sul ritmo della modernità. Forse, sembra suggerire l’artista, solo rallentando possiamo davvero ritrovare una direzione.

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